The longestway, the gloomiest night – chapter 2  

Mostra personale di Roberta Pastore

 

Inaugurazione

Venerdì 24 marzo 2023 dalle 18.30 alle 21.00

Laboratorio Fotosciamanna – Via del Gelsomino 70  Roma

fino al 14  Aprile 

 

 

Un viaggio interiore per le strade di una città che si sta svegliando. Occhi che penetrano la prima luce dopo il buio della notte, mentre il silenzio ancora mi avvolge. Il cuore ostinato di una città che ogni mattina comincia a pulsare nelle comuni vicissitudini della vita dei quartieri e delle strade ancora un po’ assonnate. Un ritmo lento e regolare di un’umanità che ogni giorno, inascoltata, va nella stessa direzione cercando quella che potrebbe essere l’unica via di fuga.

La mia auto in movimento tra strade semi deserte, pochi passanti illuminati dai fari delle automobili e dalle insegne a neon ancora accese. Il mio corpo messo a nudo, anch’esso in movimento.

La mia immagine in perfetta sintonia con le strade e i palazzi riflessi sui vetri, a colmare quasi il desiderio di essere tutt’uno .

Descrizione del progetto

Il progetto The longest way, the gloomiest night inizia poco prima della Pandemia da Covid 19 e si sviluppa e concretizza  durante il primo lockdown quando per i motivi che tutti sappiamo ci siamo trovati costretti tra le mura domestiche, isolati e immobilizzati.

Come in tutti i momenti difficili e complicati della mia vita ho sempre trovato una via di fuga utilizzando  l’autoritratto come forma di espressione ( sono quasi 9 anni che mi ritraggo).

In tutta questa fase che si svolgeva soprattutto in casa mi sono messa in osservazione, mi sono guardata intorno è tutto è divenuto spunto e riflessione.

La prima fase è stata solo di osservazione : mi sono presa il tempo di farlo  prima con gli occhi per poi arrivare successivamente alla macchina fotografica.  Ho guardato le stanze, gli angoli con i relativi oggetti, le ombre e le luci proiettate sui muri che cambiavano con il trascorrere del tempo.

Sia per l’autoritratto che per la fotografia in strada ho utilizzato una ricoh gr3; mi ero liberata per tanti motivi delle altre macchine e fotografarmi con un 28 mm è diventato un po’ una sfida. Scattare e cercare di capire quale poteva essere il punto di vista migliore, far diventare  la macchina un prolungamento del mio sguardo. Io e lei sicuramente  ci capiamo.

Le atmosfere dei ritratti ambientati sono soffuse, spesso appaio sfocata. L’intenzione era di rappresentare un  momento nel quale non c’era nulla di chiaro, tutto quello che stava avvenendo era confuso ma anche nuovo.

La caratteristica dei miei autoritratti è che cerco sempre di sfruttare la luce naturale, quella che proviene dall’esterno o da piccole fonti luminose, spesso anche la torcia del telefono. Molto spesso utilizzo anche la fiamma di un accendino acceso. Quasi tutti gli scatti sono stati fatti nelle ore serali.

In questo periodo sono entrata molto in sintonia con l’ambiente domestico, ma ho attivato lo sguardo anche all’esterno. Molti scatti mi rappresentano mentre guardo fuori o appaio riflessa nei vetri dove si riflettono anche i palazzi di fronte e la strada. Abito nella periferia romana davanti ad una struttura di cemento che ricorda il serpentone di Corviale.

In me c’era il bisogno di sentire di nuovo la città che comunque continuava a pulsare anche nella sua immobilità.

Quando ho ricominciato ad uscire per andare al lavoro, nelle primissime ore della mattina avevo già in mente come continuare, volevo entrare in sintonia con la strada, con i palazzi e le poche persone che viaggiavano in macchina come me.

Mi sono presa il tempo, osservando bene i luoghi dove ero più in sicurezza, quelli meno frequentati sfruttando anche come era già avvenuto in casa la luce delle prime ore dell’alba o quella della città ancora illuminata dalle luci artificiali.

Ho iniziato a rivolgere l’obiettivo verso di me, e attraverso degli scatti continui potevo ripetere quello che avveniva in casa , io alla guida e tutto ciò che veniva impresso attraverso i finestrini dell’auto, dall’obiettivo.

A questo punto non cercavo la nitidezza, ma volevo continuare a rappresentare il momento con il mosso e lo sfocato. Ho sfruttato le luci delle automobili, in alcuni casi ho illuminato luoghi con i fari della mia macchina.

Non cercavo l’elemento umano, e se entrava nello scatto era comunque confuso poco nitido.

Questo progetto è ancora in corso, sicuramente ancora in evoluzione e rappresenta tutti i momenti di passaggio della mia vita, la mia crescita e i miei cambiamenti.

L’autrice

Roberta Pastore è nata e vive a Roma. Inizia a fotografare negli anni ’90, portando avanti progetti fotografici in stile reportagistico sulla società e le sue problematiche. Il contatto con le persone e con la strada le danno la possibilità di catturare momenti significativi con un grande interesse verso gli aspetti politico-sociali, e questo la porta a documentare nel primo decennio del 2000 gli anni di fermento operaio e studentesco. Nel 2014 inizia una ricerca si approccia all’autoritratto come autoanalisi, cercando di far emergere attraverso la fotografia le emozioni e i sentimenti più intimi, mettendo poi in relazione il corpo con la sua città di origine, Roma e intraprendendo un viaggio attraverso le strade e i quartieri con la sua compagna di viaggio, una RicohGR3. Nel 2022 realizza la sua prima fanzine sul progetto “The longest way , the gloomiest night”. Successivamente pubblica con Psicografici editore una monografia dal titolo 10 S (10 secondi, il tempo dell’autoscatto) dove vengono raccolti molti dei sui autoritratti ambientati nei luoghi a lei familiari.

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